Raccolta di epigrammi greci compilata a Costantinopoli nel
XIV sec. dal monaco bizantino Massimo Planude. Egli compose una nuova antologia
in sette libri, che era in parte desunta da quella del predecessore Costantino
Cefala e in parte da altre fonti. È pervenuta fino a noi in un codice
dell'anno 1301 della Biblioteca Marciana, alla quale fu donato dal cardinal
Bessarione. Planude variò l'ordine dei componimenti, eliminò
quelli da lui ritenuti sconvenienti e aggiunse circa 400 nuovi epigrammi, in
genere descrizioni di opere d'arte ricavate dall'opera di Theodoros Xanthopulos.
Fu edita per la prima volta a Firenze nel 1494 da Giano Lascaris. La
A.P.
fu la sola conosciuta fino alla scoperta nel 1607 da parte di Saumaise
(Salmasio) della
Antologia Palatina che per la sua grande varietà
di poeti, di argomenti e di generi mantiene la promessa di Meleagro, il quale
nella prefazione poetica alla sua
Corona aveva scritto che gli innamorati
delle muse avrebbero trovato in questo mazzo odoroso il loro fiore preferito. In
genere le edizioni moderne riportano come XVI libro i 388 epigrammi nuovi del
Planude col titolo
Appendix Planudea.